HIN: Signora Wyss, il Consiglio federale sta attualmente esaminando il postulato che prevede l’introduzione di standard minimi per i fornitori di sistemi primari. Perché abbiamo bisogno di disposizioni governative quando esiste un libero mercato che potrebbe regolare tutto ciò?
Di fatto, non esiste un libero mercato nel settore sanitario, perché i prezzi sono determinati dalle tariffe. E non ha nemmeno senso. Perché, nel settore sanitario, «maggiore» non significa necessariamente «migliore». Anche i costi dei sistemi primari rientrano nella tariffa. Inoltre, la durata di un sistema primario è pari a dieci-quindici anni, a seconda della sua complessità. Una volta deciso un sistema, perlopiù si dipende da esso. Nel postulato non si richiede alcun sistema statale, bensì standard minimi fissi per i fornitori di sistemi informatici.La ragione principale dell’attuale necessità di standard è duplice: da un lato, nel settore sanitario si verificano ripetutamente errori e scadimenti della qualità. E dagli studi si apprende che una delle ragioni di tale fenomeno risiede nella documentazione medica. Gli standard minimi hanno lo scopo di garantire la qualità ma anche l’interoperabilità tra i sistemi, indipendentemente da chi utilizzi uno specifico sistema. Dall’altro, ora abbiamo a disposizione anche il programma DigiSanté che con gli standard minimi può condurre a un aumento dell’efficienza e migliorare la sicurezza dei pazienti.Lei ha menzionato DigiSanté come motore dell’iniziativa. Il momento del postulato è pertanto stato scelto intenzionalmente?
Sì, DigiSanté ne fa parte. Finora, a mancare completamente in DigiSanté sono i fornitori di sistemi informatici. A mio avviso, tuttavia, un sistema primario statale non ha molto senso. A seconda dell’ambito di attività e delle dimensioni dell’azienda risultano opportuni sistemi diversi e sono già disponibili molti buoni sistemi. Tuttavia vorrei che definissimo gli standard minimi in relazione a DigiSanté. Dovrebbero esservi diversi fornitori di sistemi. Ma non al punto da comportare, per via della mancanza di qualità e interoperabilità, costi successivi a carico della collettività – e alla fine sia il paziente a farne le spese.Sarah Wyss
Sarah Wyss (36 anni) è Consigliera nazionale del PS, membro della Commissione della sicurezza sociale e della sanità e per quattro anni è stata Presidente della Commissione della sanità e della socialità del Gran Consiglio del Cantone di Basilea Città. È inoltre Coresponsabile della Direzione medica e delle cure infermieristiche dei Servizi psichiatrici universitari di Berna, membro del Consiglio di fondazione di Spitex Basel e Presidente della Commissione finanze del Consiglio nazionale. Sarah Wyss si impegna nel settore sanitario per premi accessibili, per una buona assistenza e per contenere la crescita dei costi.
Supponiamo che gli standard minimi siano stabiliti dalla Confederazione. Nel prossimo futuro, alcuni studi medici e ospedali dovrebbero probabilmente acquistare un nuovo sistema. Tale sistema sarebbe pagato dallo Stato o dai fornitori di prestazioni stessi?
I costi di sistema fanno parte dell’infrastruttura e sono pertanto compresi nelle tariffe. È come quando un giardiniere acquista una pala. In tal caso, non dice ai clienti che devono pagargli anche la pala, bensì la pala rientra nel compenso. A tal proposito, si potrebbe discutere dell’entità delle tariffe. In linea di principio, tuttavia, non vi sono oneri aggiuntivi a medio termine dovuti agli standard minimi dei sistemi primari. Gli aggiornamenti del sistema fanno parte del ciclo ordinario.Ma potrei immaginare la possibile realizzazione di un programma d’impulso, in cui si afferma che chi introduce il nuovo sistema prima della scadenza del precedente riceve un «omaggio», in modo da evitare di dover introdurre un periodo di transizione eccessivamente prolungato. Se sono necessari altri fondi è chiaro che tocca ai Cantoni intervenire.Condivide la valutazione dell’UFSP e dell’UST (rapporto del 19.01.2024), secondo la quale la base costituzionale non è sufficiente per l’emanazione di standard nazionali, oppure ritiene che ciò dovrebbe essere possibile, ad esempio nel rispetto del requisito di qualità previsto dall’articolo della Costituzione federale 117a sulle cure mediche di base?
Non ha davvero senso che siano i Cantoni a farlo. Ritengo che le basi costituzionali siano sufficienti ma sono sicuramente necessari alcuni adeguamenti giuridici. Per quanto riguarda l’articolo della Costituzione credo che si possano sostenere entrambe le tesi. È anche una questione di volontà politica. Diversi studi dimostrano la rilevanza dei sistemi primari ai fini della qualità.Esistono altri argomenti a favore dell’applicazione degli standard?
La carenza di personale qualificato. Non va sottovalutata. Molte attività e documentazioni mediche vengono effettuate due volte. Considerata la carenza di personale qualificato, non possiamo più permetterci un tale spreco di risorse. Dobbiamo fare in modo che il lavoro diventi più efficiente. Anche nell’interesse dei fornitori di prestazioni. Credo che nessuno sia diventato medico per inserire tre volte lo stesso nome nel sistema.«Gli standard minimi hanno lo scopo di garantire la qualità ma anche l’interoperabilità tra i sistemi, indipendentemente da chi utilizzi uno specifico sistema.»Sarah Wyss, Consigliera nazionale del PS, membro della Commissione della sicurezza sociale e della sanità
La carenza di personale qualificato sta probabilmente contribuendo anche alla costante crescita dell’area «Care at Home». I dati sanitari e dei pazienti escono dagli studi medici e dagli ospedali per arrivare alle case private e viceversa. Come organizzare in modo sicuro questo flusso di dati sensibili?
Sono gli esperti di informatica a dover rispondere a questa domanda in modo professionale. Per legge, i dati appartengono alle pazienti e ai pazienti e non all’ospedale, ed è giusto che sia così. I sistemi devono avere il massimo livello di sicurezza, perché i dati sanitari sono estremamente sensibili. Il tema della sicurezza dei dati va considerato anche in relazione alla cartella informatizzata del paziente (CIP). A tal proposito può risultare utile uno sguardo all’estero; la Svizzera non deve inventare nulla di nuovo.La parola chiave è «CIP»: c’è ancora bisogno della CIP se i sistemi sono interoperabili?
Sì, la CIP è necessaria perché la base giuridica afferma che i dati dei pazienti appartengono ai pazienti stessi. Deve esistere un luogo digitale centrale a cui possano accedere sia i pazienti sia le professioniste e i professionisti della salute. A mio avviso, esso è rappresentato dalla CIP. Tuttavia, l’attuale CIP va – e sarà – rivista con urgenza.Lei fa riferimento alla revisione totale della CIP e della LCIP. La CIP è stata approvata a livello federale nel 2015. Siamo nel 2024 e solo una minoranza delle persone dispone di una CIP. Si sta anche pensando di abolirla e di fare spazio a novità?
Per me è chiara l’indispensabilità della revisione totale della LCIP. La legge attuale è pessima. Il problema principale risiede nella doppia volontarietà che non funziona e necessita di un reale valore aggiunto affinché comporti benefici sia ai fornitori di prestazioni sia ai pazienti. Tuttavia, non affermo che questa revisione totale possa rappresentare anche una sorta di nuovo inizio. Sono aperta alle discussioni, ad esempio per allontanarsi dalle comunità di riferimento. Che si chiami nuovo inizio o revisione, per me non ha importanza. Tuttavia, in caso di abolizione o blocco, si tratterebbe di un segnale politico contrario alla digitalizzazione. E tale evento sarebbe assolutamente fatale.Vorrei che gli ospedali e tutti i fornitori di prestazioni si preparassero internamente sin d’ora e fossero pronti dal punto di vista digitale, in modo da non dover fare altro che «attaccare la spina» all’arrivo della nuova LCIP.